Sono le persone l’anello debole della catena. E gli hacker lo sanno. Per questo, nell’era delle città e delle fabbriche intelligenti, in cui l’interoperabilità dei sistemi passa attraverso la connessione e l’interconnessione di infrastrutture e reti, prevenire e gestire la sicurezza di dati e informazioni è un fattore chiave imprescindibile. Sul tema abbiamo intervistato Luca Maiocchi, Regional Sales Manager Italy di Proofpoint
Alta qualità della vita, sviluppo economico sostenibile, gestione ottimizzata delle risorse: sono gli elementi caratterizzanti il paradigma “smart city”. E, se una città si prefigura “intelligente” quanto più è in grado di sfruttare le potenzialità derivanti dall’interconnessione di reti e tecnologie, parimenti una “industry” è tanto “smart” quanto più - traendo vantaggio dall’integrazione di sistemi, dati e informazioni - sia in grado di elevare la qualità della sua produzione efficientando i processi.
Al centro di tutto, inevitabilmente, oggi più che mai è la sicurezza. Sì perché, in una smart city come in una smart factory, la pervasività delle tecnologie interconnesse e connesse alla Rete porta con sé, oltre ai benefici dell’IoT, anche una massiccia esposizione ad attacchi cyber sempre più sofisticati.
Per comprendere l’entità del fenomeno della criminalità informatica nelle città e nelle fabbriche intelligenti e, più in generale, cause ed effetti di attacchi, frodi, violazioni di identità, furti di dati e spoofing, abbiamo parlato con Luca Maiocchi, Regional Sales Manager Italy di Proofpoint, società americana specializzata in cybersecurity. «Basta solo un click - spiega Maiocchi - per aprire un link o un documento allegato e scatenare una serie di eventi indesiderati».
Tracciamo innanzi tutto un quadro della situazione: quali i principali veicoli di attacchi nella vita quotidiana, fuori e dentro un’azienda?
«L’email resta sempre il principale vettore di attacco ed è fondamentale fare molta attenzione ai messaggi di phishing. I cyber criminali hanno scoperto nuovi metodi per sfruttare il “fattore umano”, cioè l’istinto, la curiosità e la tendenza a fidarsi, che portano utenti a cadere in buona fede nella trappola degli aggressori. Spear phishing o Business Email Compromise (BEC) indicano una tipologia di attacco molto più sofisticata e difficile da rilevare a causa dell’utilizzo di tecniche di ingegneria sociale. Si appropriano dell’identità di manager di livello elevato, molto spesso il CEO, e sfruttano informazioni recuperate dai social network o da comunicazioni rubate per personalizzare i messaggi. Puntare sull’“ingegneria sociale” e non su vulnerabilità tecnologiche, permette ai criminali di superare i controlli di sicurezza tradizionalmente effettuati sui messaggi email, ponendo lo spear phishing al primo posto tra i rischi nel 2019. Uno studio effettuato dai nostri ricercatori ha evidenziato un incremento degli attacchi targettizzati del 77% nel terzo trimestre 2018 anno su anno, con una media di 36 attacchi ricevuti da ogni azienda nello stesso trimestre».
Quali sono i rami aziendali più coinvolti e con quali differenze?
«Spesso il top management aziendale non è il primo obiettivo dei cyber criminali, che cercano invece di colpire impiegati di livello inferiore, ma dotati di privilegi di accesso. Queste “Very Attacked People” (VAP) non sono necessariamente figure note o monitorate attivamente dai team di sicurezza, e proprio per questo motivo un attacco verso di loro può ottenere successo. Risorse che si occupano di comunicazione, tra cui PR e marketing, hanno accesso a informazioni confidenziali e spesso sotto embargo - come i risultati economici trimestrali - mentre chi si occupa di risorse umane conserva dati sugli impiegati che hanno un valore elevato per i cyber criminali. Come evidenziato nel nostro recente report “Protecting People”, il settore farmaceutico è il più colpito, ma non è l’unico a rischio. Non è facile prevedere gli obiettivi degli hacker per ogni singola azione. Ma tendenzialmente, alla base, c’è sempre un guadagno economico, che può magari derivare dalla vendita di dati personali o di un indirizzo IP».
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