Il nuovo sistema DJI Dock, composto da una base station con i dispositivi della serie Dji matrice 30, permette di programmare e svolgere in maniera automatica missioni di ispezione, controllo e soccorso in ambito civile e militare, con riferimento anche ad aree sensibili e luoghi remoti o pericolosi.
Un grave incidente in autostrada, un’intrusione in un grande cantiere o in un’area aeroportuale, un tentativo di furto in un parco fotovoltaico o un allarme per un terremoto o l’eruzione di un vulcano: sono sempre più numerose, oggi, le circostanze in cui la tecnologia può essere di grande aiuto alle strutture di sicurezza e soccorso, fornendo immagini precise e in tempo reale grazie a cui è possibile decidere rapidamente quali siano gli interventi più adeguati alla situazione.
DJI Dock è il sistema sviluppato da DJI Enterprise per facilitare il lavoro di chi opera con i droni nel campo del soccorso e della protezione civile, della sicurezza civile e militare. È costituito da una dock, ossia una base station di ridotte dimensioni (800x885x1065 cm), dal drone ospitato al suo interno e dal software di gestione DJI FlightHub 2.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Rabbia, Senior Engineer DJI Enteprise e responsabile DJI Academy presso Nital (distributore DJI per l’Italia).
Quali sono le caratteristiche principali del sistema?
«La base station è la piattaforma robotica che protegge, ricarica e riceve i dati provenienti dal drone, trasmettendoli al server su cui è installato FlightHub: si tratta di un sistema modulare, con una case di protezione interna che si apre e si chiude in base alle esigenze per accogliere al suo interno il drone.
Equipaggiata con un landing pad sagomato (in modo da facilitare il riconoscimento del drone in fase di ritorno a casa), è dotata di un sistema di correzione differenziale GNSS con modulo RTK per il geoposizionamento in tempo reale, che assicura un’elevata precisione nel decollo e nell’atterraggio del dispositivo.
Un sistema di condizionamento interno integrato nel sistema si occupa di tutto quanto riguarda la gestione della temperatura e dell’umidità, raffreddando il drone se la temperatura è troppo elevata e viceversa; in questo modo si garantisce che il dispositivo operi con continuità in ogni circostanza. A questo scopo concorre anche la presenza di batterie di backup all’interno della dock, grazie a cui il sistema si rende idoneo anche per applicazioni di tipo mobile (per esempio, nel caso sia montato su un veicolo che non ha la possibilità di collegarsi a una rete AC).
La parte più curiosa della struttura, infine, è la stazione meteo, che fornisce informazioni sulle condizioni meteorologiche in tempo reale (umidità, pioggia, intensità del vento ecc.). Sono disponibili anche una fotocamera grandangolare di sicurezza e, all’occorrenza, una telecamera termica, così da monitorare lo stato della dock (che opera con temperatura da -35 a +50 °C) ed eventuali segnali di ostruzione iniziale al decollo del drone».
Come funziona il tutto?
«Il sistema è progettato in modo da funzionare in maniera autonoma: una volta installata la dock sul territorio e programmate le missioni di volo utilizzando il software FlightHub 2, il drone decolla ed esegue i task senza necessità di particolari input dall’esterno; quando la batteria si scarica, il dispositivo ritorna alla piattaforma, dove il contatto tra i binari mobili della dock e l’elettronica interna al drone innesca la ricarica. Sono sufficienti 25-30 minuti per raggiungere il 90% di carica della batteria, così da minimizzare i tempi morti e assicurare uno svolgimento delle missioni rapido ed efficiente».
Cosa si può dire per quanto riguarda il software FlightHub 2?
«FlightHub 2 è la nuova versione del software proprietario DJI per la gestione dei droni, specifica per utilizzo su server: può essere utilizzata per pianificare (anche da remoto) le missioni di volo tramite la funzione Waypoint o tramite mapping (utile per creare una gamma di risorse, come modelli 2D e 3D per la ricostruzione di nuvole di punti, modelli e ortofoto). Il software consente inoltre di avviare e gestire in automatico da remoto un programma di missioni, una funzionalità che può risultare utile nei casi in cui sia necessario, per esempio, effettuare un monitoraggio a intervalli e orari precisi.
L’interfaccia web del software permette poi di visualizzare tutte le informazioni che il drone raccoglie durante le missioni: dalla live view alle immagini termiche alle fotografie e ai video registrati fino ai dati georeferenziati. Sono incluse anche tutte le informazioni relative a posizione e stato (in volo o meno) del drone, velocità di movimento e altezza, traffico dati, livello di batteria.
Una serie di controlli consente di andare ad agire attivamente sul sistema: è possibile scegliere se visualizzare uno o più flussi video provenienti dal drone, se utilizzare la termocamera o la telecamera visibile, se zoomare sulle immagini e in quale misura. È stata inoltre implementata di recente anche la possibilità di controllare il drone in tempo reale, effettuando tramite un “joystick” tutte le operazioni (movimenti, regolazione della telecamera ecc.) che si possono eseguire nella modalità Manual Flight.
Un altro plus che vale la pena segnalare è che FlightHub si basa su mappe in rilievo, per cui è possibile determinare i piani di volo considerando già anche il fattore della quota AGL (Above Ground Level) per la gestione di pendenze, montagne e altri eventuali ostacoli».
Quali sono i droni compatibili con il sistema DJI DOCK?
«Il sistema è compatibile con i droni della serie DJI Matrice 30 (nelle versioni M30 e M30T). La matrice M30 integra una camera grandangolare, con risoluzione 15 MPx e sensore da mezzo pollice, e una camera zoom da 48 MPx (sempre con sensore da mezzo pollice), che permette di zoomare fino a 156x; il drone matrice M30T si differenzia perché integra in aggiunta una telecamera termica (da 640x512 px con 30 Hz).
Entrambe le versioni sono poi equipaggiate con sensori anticollisione su 360 gradi (quindi non solo sul perimetro), che permettono di garantire un’elevata stabilità di volo e di gestire eventuali ostacoli in autonomia (grazie anche agli alert sulla presenza di aerei civili e militari in avvicinamento, che vengono ricevuti tramite ADS-B). La copertura dei droni in termini di segnale radio è pari a circa 7 km con autonomia di volo di 40 minuti; possono comunicare con la dock in tre modi: tramite banda 2,4 GHz o 5,8 GHz o tramite connessione 4G nativa; è possibile quindi installare una SIM card all’interno del dispositivo o addirittura attivare una connessione LAN, a garanzia di una copertura sempre efficiente.
Grazie alla presenza di un telemetro laser integrato nella serie DJI Matrice 30, è possibile anche identificare e trasmettere le coordinate di eventi anche distanti (per esempio, un incendio) senza la necessità di sorvolare il punto interessato; la certificazione IP55, infine, permette ai dispositivi di operare in condizioni climatiche avverse, quali piogge (anche molto intense), polvere, neve e vento fino a 15 m/s».
Ci sono possibilità di estensione e personalizzazione?
«DJI ha cercato di includere nel sistema tutte le funzionalità possibili, mantenendo come punto fermo la necessità di realizzare un prodotto stabile e non sperimentale: non è infatti possibile permettersi errori quando si ha a che fare con un sistema utilizzato per missioni di ricerca, soccorso, ispezioni di infrastrutture e così via.
Per arricchire il ventaglio di funzionalità del sistema, creare interfacce FlightHub ad hoc e personalizzare ulteriormente il software, è sufficiente fare ricorso ai pacchetti SDK (Software Development Kit). In questo modo, è possibile sfruttare appieno le funzionalità della dock, esprimendone pienamente il potenziale di soluzione autonoma in grado di ottimizzare le attività della forza lavoro che utilizza i droni a livello professionale».
Quali sono i possibili ambiti di sviluppo?
«Si possono ipotizzare applicazioni per esempio nell’ambito della green energy, con lo sviluppo di software (anche dotati di intelligenza artificiale) in grado di riconoscere e identificare i malfunzionamenti dei pannelli nei parchi fotovoltaici, per una gestione ottimizzata del personale e dei costi della struttura. Altre applicazioni possono interessare le infrastrutture, con riferimento a quei siti (per esempio gli aeroporti) dove risulta basilare risolvere con tempismo eventuali criticità: la pianificazione di un programma di volo sincronizzato con gli intervalli di decollo e atterraggio degli aerei (o durante le ore notturne) potrebbe essere per esempio risolutiva, insieme all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, per un monitoraggio continuativo dello stato della pavimentazione, così da individuare tempestivamente eventuali corpi estranei sulla pista.
Ancora, provate a pensare a quanto potrebbe risultare utile l’impiego dei droni in ambito di ricerca o soccorso in caso di emergenza, per individuare superstiti e persone da rintracciare, o in tutte quelle situazioni in cui è necessario effettuare un intervento che normalmente richiederebbe l’interruzione delle attività lavorative. Un’altra ipotesi può essere, infine, l’installazione di sensori custom sul drone, in modo da ottenere informazioni ad hoc (per esempio, rispetto all’inquinamento dell’aria)».
Come si possono sviluppare le competenze per un utilizzo professionale dei droni?
«La formazione è indispensabile: servono programmi specifici (online, in classe e sul campo) grazie a cui gli interessati possano acquisire in un arco di tempo ristretto (per esempio 5-7 giorni) almeno le nozioni più importanti sul funzionamento dei droni; in questo senso, DJI con la propria Academy offre supporto per il conseguimento degli attestati necessari per lo svolgimento di incarichi a livello professionale.
Per fare attività come un rilievo o una mappatura serve però anche l’esperienza, che viene solo con anni di lavoro; è quindi importante anche lavorare alla creazione di programmi e scenari didattici con il supporto di chi ha esperienza e sa cosa serve nel settore».