La gestione della folla in presenza di situazioni critiche (come incidenti o incendi) oggi si può prevedere, utilizzando la tecnologia computazionale per coordinare l’evacuazione dei flussi ed evitare momenti di panico. Ciro Cannelonga, Ceo di Polis Consulting, ci ha raccontato come funziona il processo di modellizzazione e quali sono le sue applicazioni.
Celebrazioni liturgiche e visite culturali, concerti musicali, festival e processioni tra piazze e strade o una manifestazione sportiva che richiama un grande pubblico, turisti in fila per la visita a un museo o a una basilica: sono scenari abituali per chi vive in grandi città e lo sono ancora di più in occasione di grandi eventi - quando, come a volte la cronaca ha raccontato, un incidente, una minaccia terroristica, un incendio o un imprevisto qualsiasi possono scatenare il panico tra la folla.
Tutto questo si può prevenire, tecnologia alla mano, e soprattutto si può progettare con l’ingegneria e un software “previsionale”. Ce lo ha spiegato l’ingegner Ciro Cannelonga, esperto in sicurezza di infrastrutture complesse e CEO di Polis Consulting.
Da dove parte l’attività di Polis Consulting, che vi ha portato anche a essere chiamati come consulenti in vista del Giubileo 2025, oltre che nell’ambito di molti altri grandi eventi?
«Noi ci occupiamo di ingegneria della sicurezza, ma non tanto in riferimento al tema abituale della sicurezza sui cantieri; piuttosto, abbiamo sviluppato una piattaforma capace di armonizzare tutte le competenze verticali degli specialisti in ingegneria della sicurezza e dell’antincendio, unitamente a tutti i sistemi previsionali della fluidodinamica (fumo e fiamme).
La piattaforma è molto utilizzata anche per la criminologia degli eventi di incendio: abbiamo una sezione dedicata che, tramite simulazioni, ripercorre a ritroso l’evento specifico per coglierne le dinamiche o le cause; al suo interno c’è anche un reparto che si occupa di crowd management, cioè sistemi previsionali per la gestione delle grandi folle.
Si tratta di un aspetto affrontato da quasi dieci anni in Polis Consulting, a partire dal ragionamento per cui un uomo appartenente a un’organizzazione può essere ricondotto a una chiara paternità organizzativa e procedurale in caso di emergenza, mentre l’utente pubblico (per esempio, noi stessi quando prendiamo un treno o un aereo oppure quando partecipiamo a un evento o ancora accediamo a una grande struttura sanitaria) rappresenta in realtà una massa “incognita” per la struttura ospitante, una massa a cui non è possibile dare una forma e la cui reazione esula da un approccio tabellare.
Per simularne la reazione, dunque, bisogna per forza utilizzare le capacità computazionali (quindi le leggi dei grandi numeri), trattando la massa come una grandissima serie numerica - una sommatoria di sviluppo di integrali dove ogni singolo elemento decide secondo la derivata del proprio percorso, ma anche secondo le condizioni al contorno».
In questi anni vi siete dedicati allo sviluppo di software specifici per questo scopo?
«Abbiamo messo a frutto la lunga esperienza mia personale e del mio team a supporto delle prefetture nelle commissioni di sicurezza per i grandi eventi, sviluppando, adattando e configurando i software, riconosciuti a livello scientifico internazionale, per l’applicazione alle simulazioni dei piani di emergenza, quindi per la simulazione di scenari come sismi, atti terroristici e incendi».
Quali sono gli elementi primari su cui si lavora per elaborare gli algoritmi utili alla gestione degli scenari elencati?
«Il sovraffollamento ovviamente è il dato fondamentale di cui tenere conto: a partire dai valori rilasciati dal software (che ragiona in un’ottica di densità per metro quadro), noi consideriamo fino a 2 persone per m2 un livello di affollamento normale; 4 persone per m2 rappresentano la soglia massima, superata la quale si entra in una fascia irrazionale.
La folla inizia a questo punto a tenere un comportamento cosiddetto “a elastico”: le persone iniziano a spingersi, per poi allontanarsi e ricominciare e molti decidono di cambiare percorso perché, a livello di percezione psicologica, “sentono” che una determinata uscita è ostruita; nell’atto pratico di cambiare percorso, quindi, si girano e si spingono…
Superato un livello di affollamento di 6 persone per m2, si arriva a una condizione di pre-panico vera e propria. Un altro elemento da prendere in considerazione è legato alla tipologia di strutture di cui ci occupiamo, ossia le strutture aperte al pubblico promiscue, senza limiti di complessità.
Si tratta di realtà come per esempio le grandi stazioni, dove oggi possono convivere linee sotterranee della metropolitana, linee ferroviarie di superficie, centri commerciali (o anche, in alcuni casi, alberghi o cinema); queste strutture nel complesso raccolgono flussi innumerevoli di persone, la cui gestione in caso di emergenza va coordinata, capendo come muoversi.
Non sempre l’esodo totale è la soluzione migliore, come anche il nostro software mette in evidenza; ecco perché, in alcuni casi di cui ci stiamo occupando, stiamo applicando il concetto di esodo progressivo nativo delle strutture sanitarie, che consiste nell’esodare solo l’area interessata dall’evento, o al massimo i compartimenti adiacenti. Questo tipo di approccio ci permette di tenere sotto controllo parametri come la densità e la dinamica di formazione delle code, che (più che il tempo di evacuazione) per noi sono fondamentali».
Quale può essere un caso esemplificativo di quest’approccio?
«Come Polis Consulting ci siamo occupati di approntare il modello di evacuazione per il primo più grande concerto post-Covid in Europa, quello di Vasco Rossi a Trento, cui hanno partecipato circa 120.000 persone. Per quella circostanza, i nostri modelli prevedevano un tempo di evacuazione superiore a un’ora e mezza, che apparentemente può sembrare una criticità. Non è così se viene considerato nell’ambito di un modello- dispositivo di esodo progressivo, tenendo sotto controllo la densità per m2 della folla e la dinamica di formazione delle code. Abbiamo così garantito la sicurezza dell’evento».
Nella pratica, come si utilizza il modello-dispositivo una volta approntato?
«Una prima modalità di lavoro ha come obiettivo la validazione del piano di emergenza già in essere: può essere questo il caso, per esempio, di una struttura complessa come un grande policlinico, dove è impensabile realizzare una prova di emergenza totale. In questo caso, si procede o simulando una situazione in cui si mette in atto il piano di emergenza, così da ricavare indicazioni migliorative a fine di revisione o implementazione del piano, oppure utilizzando le simulazioni in fase di progettazione dell’evento o della struttura da mettere in sicurezza.
In una seconda modalità di lavoro, possiamo creare il modello e intervenire direttamente live: oggi siamo infatti nelle condizioni di restituire al cliente dopo 180 secondi lo scenario incidentale a 30 minuti nell’infrastruttura. Questo significa che, in caso si verifichi un evento (per esempio, un incendio), siamo in grado di dare indicazioni agli operatori della sicurezza nel giro di tre minuti, segnalando dove c’è fumo, dove ci sono fiamme e dove si stanno creando code, così da orientare in maniera dinamica gli steward, le squadre di emergenza e gli uomini preposti alla sicurezza.
In questo modo si riesce ad abbattere il concetto di frame statico del piano di emergenza (che fotografa solo un certo istante) trasformandolo in un discorso dinamico».
Chi è Polis Consulting
La società Polis Consulting di Pomezia (RM), partner nel mondo della consulenza direzionale per l’ingegneria, la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, ha sviluppato
negli anni più recenti - a partire dalla prevenzione e dalla sicurezza nell’ambito dei sistemi antincendio - particolari competenze ed esclusive referenze nella progettualità
dell’esodo e nella gestione in emergenza delle folle occupanti le infrastrutture aperte al pubblico, anche in occasione di grandi eventi per cui risulta imprescindibile l’utilizzo dell’intelligenza computazionale.