Come risultare “a prova di scasso”

Anima Sicurezza, in collaborazione con Ania, ha recentemente pubblicato un documento che vuol essere un supporto alla scelta, installazione ed esercizio dei mezzi forti per cercare di prevenire sensibilmente il rischio di furto.

Dall’efficiente collaborazione tra ANIA (Associazione Nazio­nale fra le Imprese Assicuratrici) e Anima Sicurezza (Soluzioni e servizi per la custodia di beni e valori) ha preso corpo il nuovo documento “Linee guida per la prevenzione del rischio furto. Scelta, installazione ed esercizio dei mezzi forti”.

Scopo del documento è mettere a disposizione delle imprese di assicurazione, dei pe­riti e dei consumatori uno strumento accurato per l’elaborazione di tutti gli elementi ritenuti necessa­ri per la corretta valutazione dei danni riguardanti le garanzie che assicurano il rischio di furto di beni e valori custoditi nelle casseforti.

Per scoprire di più su queste linee guida e comprendere come sia possibile diffondere la cultura della sicurezza tramite la divulgazione di conoscenza tecnica sul­le forme di prevenzione e contenimento del rischio furto, abbiamo rivolto qualche domanda a Luigi Rubinelli, vicepresidente di Anima Sicurezza.

Cosa si intende per mezzi forti e in quali categorie si possono inquadrare?

Luigi Rubinelli, vicepresidente di Anima Sicurezza

«Nel lessico abituale, il termine cassaforte è ge­neralizzato e utilizzato solo per definire il con­cetto “a protezione di un valore”, ma la realtà è ben diversa. Due differenti normative europee, acquisite in Italia da UNI, chiariscono il concetto di cassaforte, differenziandolo da quello di con­tenitori e armadi di sicurezza.

Parliamo rispet­tivamente della norma UNI EN 1143-1, dedicata ai mezzi forti professionali, nata per classificare la resistenza alle effrazioni di casseforti, porte e locali corazzati con la descrizione di 13 gradi di resistenza determinati da prove distruttive di laboratorio, e della norma UNI EN 14450 “Mezzi di custodia - Requisiti, classificazione e metodi di prova per la resistenza all’effrazione - Contenito­ri di sicurezza per uso domestico”, che descrive invece la classificazione dei contenitori di sicu­rezza che non supererebbero nemmeno il grado zero della norma UNI EN 1143-1 e risulta quindi a questa inferiore.

La norma UNI EN 14450, nello specifico, prevede due classi di resistenza: S1 e S2 a crescere. Tutto quello che non è certificato è da ritenersi inqualificabile, in quanto non provato.

Nella prima norma troviamo le vere casseforti, che ci piace chiamare “professionali” non tanto per la destinazione d’uso, ma proprio per differen­ziarle dai prodotti che non possiedono la certifica­zione UNI EN 1143-1. Questi ultimi possono essere considerati per uso domestico - se certificati con la norma UNI EN 14450 - o solo contenitori me­tallici (se non certificati). In aggiunta a queste due norme, possiamo citare anche la norma UNI EN 1300, dedicata alle ser­rature di alta sicurezza (HSL) obbligatoriamente richieste dalle due precedenti normative in nu­mero e livello in funzione ai gradi di resistenza.

Esiste infine una quarta norma (UNI EN 1047-1) dedicata alla classificazione dei mezzi forti resi­stenti al fuoco, che, come resistenza allo scasso, fa sempre riferimento alla norma UNI EN 1143-1».

Quali sono le caratteristiche che devono possedere le casseforti per svolgere al meglio una funzione di protezione di beni e proprietà?

«La scelta di un mezzoforte va effettuata in base alle necessità specifiche, che si definiscono con un’attenta valutazione dei rischi, riconducibile alla fine all’unico parametro utile ossia il tempo che il ladro ha a disposizione per scassinare. In base a questo valore, e solo in base a questo, può essere fatta una scelta corretta. Quanto detto va­le per il rischio furto, mentre per il rischio frode o infedeltà si vanno a prendere in considerazione le diverse tipologie di serrature, con caratteristiche e funzioni adeguate alle diverse esigenze».

Come funziona il sistema per la valutazione del rischio e dei tempi di resistenza dei mezzi forti?

«I parametri in gioco sono il tempo e il target (gli obiettivi). Più importanti sono gli obiettivi, più influenzano il fattore tempo, perché sicuramente un target di alto livello attirerà professionisti esperti, meglio attrezzati e più efficaci. Un altro fattore di rischio da valutare è la vetustà delle casseforti: modelli presenti da tanto tempo sul mercato rischiano infatti di aver perso quella segretezza di costruzione che contribuisce a rendere difficile lo scasso».

Come si possono integrare i mezzi forti con altre tecnologie nell’intento di massimizzare il livello di sicurezza?

«Dal momento che la resistenza di una cassafor­te non può essere infinita, risulta importante affiancare a questi mezzi forti i cosiddetti “siste­mi di sicurezza attiva”, ossia tecnologie comple­mentari come gli allarmi, le difese perimetrali, le risorse di intervento ecc., che, adeguatamente realizzati e utilizzati, permettono di gestire la varabile tempo che a sua volta serve per indivi­duare il grado di resistenza (tempo di resistenza) del mezzo forte.

È evidente che, meno performanti sono questi sistemi e relativi tempi di intervento, maggiore dovrà essere la resistenza del mezzo forte. Poiché questo non può resistere all’infinito, si dovranno raggiungere dei compromessi di scelta, di costo e di assicurazione, non a sensazione o basandosi solo sul costo, ma a ragion veduta. Si tratta di dare una dimensione tecnica che un buon profes­sionista della sicurezza è oggi in grado di offrire.

Per semplificare la scelta, è stata ideata una tabella che aiuta a determinare le dimensio­ni relative a questi parametri e, soprattutto, a considerare i plurimi aspetti delle variabili che influiscono sulla valutazione del rischio. Le nuo­ve linee guida, inoltre, forniscono ampia descri­zione delle normative sopra citate e dei diversi concetti di sicurezza».

Quali sono le esigenze di manutenzione e quali le competenze che professionisti e installatori esperti del settore devono possedere?

«I mezzi forti devono sostenere una manuten­zione periodica, non tanto perché la struttura potrebbe degenerare nel tempo, quanto perché potrebbero non funzionare correttamente in apertura - e richiedere quindi un’apertura for­zata, che spesso fa perdere il grado di certifica­zione - o in chiusura, creando una situazione di rischio enorme, non potendo più garantire l’efficace protezione dei valori. Un funzionamen­to incerto, infine, indurrebbe un uso ridotto del mezzo forte, finendo per esporre i valori a ri­schio sottrazione.

La manutenzione dev’essere condotta da tecnici qualificati, che conoscano le normative e i prodotti e siano formati per af­frontare le modalità di intervento in situazioni che sono a rischio anche per loro. Un esempio è l’intervento su strada per l’apertura forzata di una cassa continua, che pone il tecnico a rischio rapina oppure al rischio di essere ingiustamente accusato di appropriazione dei presunti valori contenuti, se non si organizza con testimoni al momento dell’apertura per la constatazione del contenuto.

Nel caso di cassaforte manomessa o con serrature modificate rispetto alle prescri­zioni di certificazione, solo un tecnico certifi­cato sarà in grado di valutare se il mezzoforte mantiene le caratteristiche di sicurezza del suo grado di resistenza».


LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO E I TEMPI DI RESISTENZA

Dietro il grado di resistenza di una cassaforte certificata, c’è il tempo per cui riesce a resistere agli attacchi. È questo tempo (ovvero il grado di resistenza) il vero parametro da considerare nella valutazione del rischio. Ogni grado di resistenza è correlato ai tempi impiegati per lo scasso e ai coefficienti delle tipologie di utensili utilizzati per condurre le prove di scasso secondo i metodi prescritti dalle norme.

Chiaramente i tempi di laboratorio sono molto inferiori ai tempi reali di scasso: in laboratorio si misurano solo i tempi di contatto utensile-cassaforte e il team lavora in tutta comodità. I tempi minimi e massimi stimati per lo scasso da parte di ladri, invece, sono tempi ottenuti per interpolazione dai dati derivati dall’analisi di casi reali, ma sufficientemente attendibili per una valutazione del rischio e inquadramento del grado di resistenza più idoneo.

Se si può stabilire un tempo di resistenza, si può quindi pensare di arrivare a dimensionare o a valutare un sistema di allarme e una difesa perimetrale che permetta l’intervento prima che la cassaforte si arrenda allo scasso.

Questo concetto è espresso dall’equazione:

S = (Sf + Se + So) + Sa

dove a comporre il livello di rischio accettabile (S) collaborano:

  • la sicurezza fisica (Sf), ossia difese perimetrali e cassaforte;
  • le soluzioni della sicurezza elettronica (Se), ossia allarmi e videosorveglianza;
  • le soluzioni della sicurezza organizzativa (So), ossia i modi di utilizzo dei sistemi, le procedure di intervento, le attività di mantenimento dell’efficienza dei sistemi ecc.;
  • le soluzioni della sicurezza assicurativa (Sa), ossia la copertura del rischio residuo.

La valutazione della riduzione del rischio per mezzo della cassaforte va quindi bilanciata con la valutazione dei dispositivi elettronici, della loro operatività e degli apprestamenti strutturali che compongono il perimetro attorno alla cassaforte (muri, accessi, infissi).

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