Hesa, 50 anni di sicurezza – Storie di tecnologia, cultura e obiettivi

Cinquant’anni fa Enzo Hruby presentò alla Fiera di Milano il primo rivelatore di movimento a ultrasuoni, dando il via alla sicurezza elettronica in Italia. Da allora le tecnologie sono cambiate molto, ma immutata è l’importanza del rapporto con gli operatori del settore

Quarant’anni della rivista "Sicurezza", un traguardo importante per una testata che ha scritto (e continua a scrivere) buona parte della storia del settore. Ma questa celebrazione nel mese di dicembre 2018 non poteva esimersi dal ricordare che, proprio nel 2018, si è compiuto un altro importante anniversario: ricorrono infatti i “50 anni di sicurezza e cultura”, claim che sintetizza l’omaggio di Hesa al cinquantesimo dalla nascita della sicurezza elettronica in Italia ma anche al decennale della Fondazione Hruby. «In cinquant’anni di storia - spiega Carlo Hruby, a.d. di Hesa e vicepresidente della Fondazione Hruby - abbiamo assistito a un’evoluzione straordinaria delle tecnologie e dei sistemi, tanto che le prime apparecchiature di sicurezza introdotte in Italia sono oggi dei veri e propri pezzi da museo. A rimanere immutato nel tempo è invece il rapporto con gli operatori del nostro settore, basato sulla fiducia, sul confronto delle reciproche esperienze, sulla condivisione degli obiettivi».

Determinante è il dialogo

«Per i professionisti del settore e per gli operatori dei beni culturali - spiega Hruby - è fondamentale essere sempre aggiornati sulle novità tecnologiche e sulle possibilità offerte dalle moderne tecnologie, con la consapevolezza che ogni sistema di sicurezza deve essere progettato su misura di ciascun contesto. Le apparecchiature di sicurezza e di videosorveglianza vanno quindi scelte con attenzione, correttamente utilizzate e soprattutto sottoposte a regolare manutenzione, anche tenendo conto di possibili adeguamenti futuri. Quello che serve è dunque un dialogo costante che coinvolga gli operatori della sicurezza, gli operatori dei beni culturali e gli interlocutori pubblici e privati dei vari mercati verticali cui sono destinate le apparecchiature di sicurezza».

Salvaguardia del patrimonio italiano

L’Italia, pur riconosciuta nel mondo come culla di un patrimonio storico, culturale e artistico di altissimo livello, continua a faticare in termini di investimenti e risorse per la protezione del suo immenso patrimonio. La Fondazione Hruby ha saputo, però, innescare un meccanismo virtuoso che infonde linfa vitale al sistema, ingenerando - contemporaneamente - un processo di “auto-alimentazione” del comparto della sicurezza, attraverso il Premio H d’oro, con cui dà lustro a chi ogni giorno vive e opera nel settore. 

«Oggi la nostra Fondazione è riconosciuta e apprezzata ai vari livelli come realtà unica nel suo genere in Italia e in Europa per la protezione del patrimonio culturale e per la diffusione della cultura della sicurezza. Questo per noi è motivo di soddisfazione ma il fatto di rappresentare un unicum ha talvolta comportato, soprattutto all’inizio, delle difficoltà a far comprendere la nostra mission all’esterno. Per quanto riguarda i progetti di protezione ci è capitato talvolta di incontrare delle difficoltà nel rapporto con il pubblico, legate a una certa rigidità burocratica che rende complesso effettuare la donazione di materiali e di manodopera. Tuttavia, a far la differenza sono sempre le persone e in questi dieci anni abbiamo avuto anche un grande sostegno che ci ha permesso di superare gli ostacoli. L’abbiamo sperimentato anche nell’ambito del Premio H d’oro, vedendo maturare di anno in anno l’interesse delle aziende verso il Premio e ricevendo preziosi suggerimenti che hanno contribuito a far crescere la nostra iniziativa. In questo caso, alcuni operatori hanno subito colto l’eccezionalità del concorso. Ma a volte, proprio l’eccezionalità e la novità della proposta hanno causato, soprattutto inizialmente, una certa diffidenza. Per fare solo un paio di esempi, ad alcuni installatori non sembrava vero che per la partecipazione non fosse richiesto l’impiego di sistemi o apparecchiature specifiche; altre volte abbiamo dovuto convincerli del fatto che il riconoscimento non tiene conto del valore economico della commessa e che quindi un sistema realizzato a regola d’arte, innovativo e creato su misura sulle necessità del committente, anche se realizzato con una spesa limitata è giudicato con lo stesso criterio di un impianto molto costoso».

Il valore della professionalità

«Il valore della professionalità è fondamentale. Un installatore qualificato è il solo a poter creare un progetto di protezione su misura di ciascun contesto specifico, realizzandolo in base alle esigenze del committente integrando le varie tecnologie a disposizione. Le competenze devono essere riconosciute dando adeguato risalto alla professionalità e favorendo un dialogo costante tra la figura dell’installatore qualificato e l’utente finale».

Progetti in corso

«Sono molti i progetti in cantiere cui teniamo particolarmente. Negli ultimi anni abbiamo infatti adottato una modalità di intervento basata su collaborazioni pluriennali che ci permette di raggiungere obiettivi molto importanti pur con le risorse limitate a nostra disposizione. Stiamo portando avanti progetti pluriennali realizzati in più step che vanno dalla protezione della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano a quella dei Musei di Strada Nuova a Genova e del Teatro La Fenice di Venezia. Tutti questi progetti, insieme a molti altri che si aggiungono di anno in anno, ci stanno particolarmente a cuore anche perché rappresentano esempi di eccellenza che possono essere presi a modello da altre realtà in Italia».

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