Alberto Mori, direttore generale e amministrativo di UR Fog, e Corrado Braggiotti, direttore vendite e marketing Italia dell’azienda, illustrano le differenze a livello applicativo tra nebbiogeni e fumogeni, con riferimento a composizione, meccanismi di funzionamento e occlusività.
Quando nel mondo della sicurezza si parla di sistemi nebbiogeni e fumogeni, capita talvolta di avere le idee poco chiare: si tratta infatti di prodotti che si prestano a confondersi l’uno con l’altro perché producono un identico effetto finale, ossia la creazione di una cortina che occlude la vista, impedendo ai criminali di portare a termine un reato. Dal punto di vista tecnico, tuttavia, fumogeni e nebbiogeni sono dispositivi differenti tra loro con peculiarità specifiche: una consapevolezza che il professionista deve avere sempre ben presente nel momento in cui valuta a quale sistema fare ricorso per implementare il livello di sicurezza del proprio cliente.
Alberto Mori, direttore generale e amministrativo di UR Fog, e Corrado Braggiotti, direttore vendite e marketing Italia dell’azienda, hanno messo a confronto per noi le due tipologie di prodotto, mettendo in luce i tratti distintivi di ciascun sistema.
Cosa cambia, a livello di composizione e funzionamento, tra nebbiogeni e fumogeni?
«La differenza sostanziale tra i due sistemi risiede nel fatto che il fumogeno è una sostanza solida, mentre il nebbiogeno è un fluido liquido che riscaldato diventa nebbia: si tratta di micro-goccioline a base di glicole (da 1 a 10 μm) che occludono la visibilità dell’ambiente in cui vengono diffuse.
Inoltre, il fumogeno è un sistema pirotecnico, definito come esplosivo in classe 1, la cui combustione una volta avviata non si può fermare; dopo aver dato il comando di attivazione, il sistema spara senza possibilità di interruzione, consumando la cartuccia e lasciando l’ambiente senza protezione. Il nebbiogeno è invece regolato da un meccanismo di funzionamento che permette di fermare l’emissione (per esempio, nel caso di un falso allarme), dando la possibilità di effettuare più spari fino all’esaurimento del fluido».
Quali altre peculiarità dei due sistemi si possono mettere in evidenza?
«Un fattore che sicuramente bisogna prendere in considerazione riguarda le modalità di movimentazione: il fumogeno essendo un esplosivo ha forti limitazioni da questo punto di vista, che si traducono in un costo alto per il trasporto. Anche a livello di prezzo, c’è una differenza importante: la cartuccia del fumogeno costa mediamente 100-150 euro (quindi basta che capitino due falsi allarmi in un anno per avere una spesa consistente), mentre il fluido nebbiogeno si paga in media solo 10 euro.
Un altro aspetto che possiamo mettere in evidenza è il fatto che (nel caso dei nostri prodotti) il nebbiogeno è certificato Food Contact, quindi, il cibo risulta edibile anche dopo che il sistema ha sparato; inoltre, al contrario di quanto succede con i fumogeni, il nebbiogeno non lascia residui, né cattivi odori, nell’ambiente.
Non possiamo poi non ricordare che, mentre il fumogeno ha un’unica “taglia” (quindi per ambienti ampi sono necessari più apparecchi), i sistemi nebbiogeni sono disponibili in differenti modelli, per cui è possibile utilizzare un’unica macchina anche per proteggere superfici estese. Addirittura, con il nebbiogeno è possibile settare i singoli secondi di sparo in rapporto alla dimensione dell’ambiente, per una calibrazione precisa e puntuale».
C’è una differenza tra nebbiogeni e fumogeni per quanto riguarda la reattività?
«Il sistema nebbiogeno può essere collegato direttamente all’allarme, per cui si attiva immediatamente nel momento dell’intrusione. Nel caso del fumogeno, invece, è necessario verificare la presenza di un intruso prima dell’attivazione e questo allunga i tempi: a partire da quando il ladro entra in casa, bisogna aspettare che il sistema di allarme scatti, che la vigilanza si colleghi all’impianto antintrusione, verifichi la presenza di un estraneo e attivi in risposta il fumogeno.
Ci vogliono in media 3-5 minuti, per cui il rischio è quello di intervenire quando ormai il ladro è già scappato con la refurtiva. Il nebbiogeno invece permette di attivare immediatamente le barriere di protezione, bloccando tempestivamente il furto».
E a livello di contesti di applicazione? Ci sono situazioni più adatte ai nebbiogeni o, viceversa, ai fumogeni?
«È importante individuare chiaramente la classe di rischio con cui abbiamo a che fare: per esempio, nel caso di un negozio di autoricambi, dove il tempo medio per un furto è pari a 5-6 minuti e il livello di protezione necessario è basso, il sistema fumogeno potrebbe essere un’opzione valida, anche perché non interessa troppo se rimangono cattivo odore o residui dopo l’attivazione del dispositivo. Sicuramente è una soluzione migliore rispetto all’alternativa di lasciare il negozio senza difese.
Non dobbiamo però dimenticarci che il sistema fumogeno ha dei limiti e a volte può fare danni più gravi di quelli che potrebbe causare un ladro. Basta pensare al fatto che si tratta di un prodotto con un certo livello di tossicità (che quindi può andare a intossicare eventuali animali domestici presenti nell’ambiente), al cattivo odore e ai residui che lascia dopo l’attivazione, che nel caso di un esercizio commerciale possono danneggiare la merce ogni oltre possibilità di recupero.
Senza considerare l’aspetto finanziario: se il fumogeno può risultare più economico in prima battuta, le cose cambiano quando diventa necessario acquistare più di un apparecchio; a quel punto il nebbiogeno si rivela sicuramente più conveniente».
Quali sono i fattori da prendere in considerazione per scegliere il tipo di sistema da applicare?
«Quando parliamo di bloccare i furti utilizzando nebbia o fumo, ci sono quattro parametri importanti da valutare: la densità (occlusione della visibilità), la persistenza (tempo di sospensione in aria), la quantità di nebbia che il sistema può sparare e la velocità a cui questa viene emessa.
Per quanto riguarda la densità, possiamo dire che sicuramente un sistema nebbiogeno è più efficiente rispetto a un fumogeno: le goccioline di glicole micronizzate in rapporto alla quantità di materiale hanno infatti una resa migliore rispetto al fumo, i cui particolati sono più grossi. A livello di numeri, in media il fumogeno ha una capacità di occlusione pari a 80 m3 (con respirabilità da 10 a 30 minuti), mentre un nebbiogeno può arrivare fino a 160 m3.
A livello di persistenza, il nebbiogeno è ancora avvantaggiato. Per una questione di dimensione e peso, infatti, le particelle solide del fumogeno hanno una precipitazione più veloce rispetto a quelle della nebbia.
Velocità e quantità della nebbia sparata, infine, sono valori che un sistema nebbiogeno può modulare perché disponibile in diversi modelli, al contrario di quanto accade con il fumogeno».
Ci sono particolari esigenze per quanto riguarda la manutenzione?
«I dispositivi fumogeni devono essere sostituiti dopo ogni emissione, mentre il liquido del nebbiogeno permette di effettuare più spari. Per il resto, la manutenzione dei sistemi nebbiogeni segue quella del sistema d’allarme; non è infatti necessario sostituire il liquido all’interno della macchina, che si consuma solo quando il nebbiogeno spara e non si deteriora.
Inoltre, per quanto riguarda il fumogeno, è possibile capire se il sistema funziona correttamente solo al momento dell’attivazione; il nebbiogeno invece è supportato da una parte elettronica che permette (anche via app) di monitorare la temperatura della caldaia, verificare se il dispositivo è pronto allo sparo e nel complesso è regolarmente funzionante.
Nel caso del nebbiogeno, l’utente ha anche un’ulteriore opportunità di accertare l’efficienza del dispositivo rispetto al fumogeno: basta effettuare uno sparo di prova nell’ambito della manutenzione dell’allarme».
Potenzialità ancora inesplorate
Il sistema nebbiogeno rappresenta una soluzione per la prevenzione attiva dei furti, ma non è ancora molto conosciuto dai clienti finali. «Fino a qualche tempo fa l’opinione pubblica non aveva idea dell’esistenza di questa tipologia di strumento, per questo il suo utilizzo è stato limitato - dichiara Corrado Braggiotti - Tuttavia, nel momento in cui il nebbiogeno viene proposto a integrazione del sistema d’allarme, il numero di applicazioni si alza in maniera rilevante».
Il professionista ha una parte fondamentale in questo processo culturale di divulgazione: «L’installatore e il system integrator devono svolgere sempre più un ruolo di consulenza nei confronti del cliente finale. Proporre il nebbiogeno infatti apre loro nuove possibilità di mercato, dai grandi nomi della moda ai bar/ tabaccherie fino a tutti gli esercizi commerciali che hanno bisogno di un sistema che tenga al sicuro la merce senza rovinarla. Si tratta di una nuova opportunità di business: non a caso, sempre più nei bandi il sistema nebbiogeno viene richiesto come requisito obbligatorio in abbinamento con il sistema d’allarme».