Intervista a Simone Pratesi, amministratore delegato di Reco 3.26 che fornisce la tecnologia di riconoscimento facciale alle Forze dell’Ordine italiane
Le nostre Forze dell’Ordine utilizzano la tecnologia di riconoscimento facciale di Reco 3.26. «Circa quattro anni fa abbiamo vinto il concorso pubblico del ministero degli Interni», spiega l’amministratore delegato Simone Pratesi. «Dopo avere formato i loro tecnici per l’utilizzo del software, a distanza di ormai tre anni di uso massivo, oggi sono condotte circa 50 mila interrogazioni al mese, quindi il sistema è davvero molto robusto». A Pratesi abbiamo chiesto di spiegare alcuni dettagli della tecnologia di riconoscimento facciale di Reco 3.26
Come funziona la vostra tecnologia di riconoscimento facciale impiegata dalle Forze dell’Ordine?
«La Polizia italiana ha una banca dati di foto segnalate molto ampia, quasi 20 milioni di volti, probabilmente la maggiore in Europa. Il nostro sistema brevettato si compone di vari step. Il primo consiste, all’interno di un flusso video, nell’individuare i volti, anche molti insieme e senza prevedere un numero massimo. Il secondo li traccia e li segue nel loro movimento all’interno del video, selezionando i tre frame migliori per procedere con il riconoscimento. Il terzo modulo ricava l’impronta biometrica dalle immagini, garantendo la massima sicurezza e dando la possibilità di confrontarla - quarto step - con quelle che fanno parte della banca dati delle Forze dell’Ordine. Lavorare su una banca dati così ampia è stata una fortuna anche per noi: allenandoli sempre di più, l’efficacia dei sistemi di intelligenza artificiale e di deep learning può solo migliorare».
Come viene tutelata la privacy delle persone ed evitate eventuali schedature?
«In generale è un software che può essere utilizzato non solo dalla Polizia, ma per qualsiasi tipo di gestione di accessi in aree riservate e tutelate. In generale rispettiamo la privacy perché non archiviamo nessun volto, ma facciamo semplicemente il matching con una determinata banca dati. Per esempio, per ATM di Milano abbiamo studiato un sistema di facial recognition per gli abbonati, per il quale l’immagine del cliente rimane nel suo cellulare: quando questi entra nella stazione della metropolitana, il sistema lo riconosce come un abbonato, prende l’immagine di riferimento, la confronta quando viene superato il varco, dopodiché la elimina senza archiviarla. Per gli aeroporti abbiamo un sistema già validato e in corso di test: con un piccolo chiosco all’ingresso e senza varchi, si procede con il matching tra documento di riconoscimento, viso e biglietto, consentendo all’utente di raggiungere il suo posto in aereo senza più esibire alcunché. In definitiva, non facciamo altro che la validazione di una banca dati white list o black list».
Quali potrebbero essere le prossime evoluzioni tecnologiche della vostra soluzione?
«Partendo da questa tecnologia abbiamo sviluppato un’altra serie di soluzioni verticali per la gestione dei flussi nel periodo di pandemia. ATM Milano usa nelle stazioni principali dei nostri sistemi per contare le persone in entrata e quelle presenti sulle banchine in attesa della metropolitana, calcolando le distanze interpersonali e soprattutto l’affollamento, con livelli di allarme progressivi per la sala operativa. Questa può, secondo il caso, intervenire chiudendo gli accessi o facendo defluire le persone. Inoltre, stiamo lavorando anche con alcune aziende della grande distribuzione, sempre per il controllo dei flussi nei negozi, per ricavare informazioni sia di carattere commerciale sia per la sicurezza in grandi ambienti pubblici. Abbiamo, poi, un’offerta alla Lega calcio per la gestione dei soggetti sottoposti a Daspo. In più, con l’intelligenza artificiale stiamo lavorando per il controllo qualità dei prodotti attraverso telecamere smart. Abbiamo realizzato anche un lettore di badge intelligente che permette di collegarsi a qualsiasi software di gestione del personale: il dipendente può scegliere fra un badge elettronico, la face recognition oppure un codice alfanumerico per entrare nel luogo di lavoro. Sono tutte frontiere molto interessanti che possiamo sviluppare in virtù di un’intelligenza artificiale che, semplificando la vita, si pone al servizio dell’uomo».