Anche la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) è impegnata a sensibilizzare contro il fenomeno delle aggressioni ai danni di medici e infermieri. In che modo? Lo abbiamo chiesto al segretario generale nazionale Silvestro Scotti. L'intervista fa parte del servizio "Sicurezza e controllo a bordo delle ambulanze", pubblicato su Sicurezza n. 2, marzo 2020.
Quali iniziative dovrebbero essere prese dal governo?
«Riteniamo che sia necessaria una legge che riconosca al personale sanitario nell’esercizio delle proprie funzioni lo status di pubblico ufficiale. Rappresenterebbe un efficace messaggio educativo per la popolazione e permetterà agli operatori sanitari di vedersi così riconosciuta dallo Stato la propria funzione costituzionale, ovvero quella della tutela della salute di cui all’Art. 32 della Costituzione. Crediamo inoltre che sia necessario inserire la sicurezza degli operatori sanitari tra gli obiettivi dei direttori generali fornendo al contempo agli stessi gli strumenti necessari a perseguire questo obiettivo. Vanno fatti poi anche interventi su altri ambiti a partire da quello culturale. Sarebbe infatti estremamente utile inserire nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole, l’educazione all’accesso ai servizi sanitari».
Quali sono gli ambiti della medicina maggiormente a rischio di subire aggressioni?
«Sono quelli dell’emergenza in cui chi opera deve gestire, spesso da solo, rapporti interpersonali che sono caratterizzati da una condizione di forte emotività, da parte sia del paziente stesso sia dei familiari. Un altro ambito di rischio generale riguarda tutti quei medici che offrono assistenza in assenza di un rapporto fiduciario consolidato, come accade ai medici di continuità o ai medici di assistenza primaria da poco inseriti e da cui si cominciano purtroppo a raccogliere diverse segnalazioni di situazioni di rischio».
Cosa ne pensate dell’ambulanza con telecamera recentemente presentata a Napoli?
«Siamo favorevoli. Lo consideriamo uno strumento utile e purtroppo ormai necessario. La letteratura internazionale ha da tempo individuato una serie di interventi da effettuare per aumentare la sicurezza degli operatori sanitari. Tra questi è raccomandato l’uso dei sistemi attivi e passivi di sicurezza. Per esempio la presenza videocitofoni e porte blindate garantisce un accesso controllato dei pazienti ai luoghi di cura; le telecamere e i sistemi di sorveglianza continua delle sale di attesa collegati a centrali di controllo hanno innanzitutto effetto di deterrenza e permettono di ricostruire la dinamica dei fatti nel caso di situazioni critiche; allarmi attivi e passivi (pulsanti collegati a Forze dell’Ordine, sistemi satellitari per i professionisti che operano sul territorio, dispositivi uomo a terra) possono allertare tempestivamente le Forze dell’Ordine nel caso di aggressioni».