Il caso di cronaca che ha visto l’arresto di tre maestre e una bidella in un asilo romano all’inizio di gennaio 2019 ha riportato d’attualità il dibattito sulla possibilità di equipaggiare anche le scuole dell’infanzia con un sistema di videosorveglianza, con funzione di prevenzione.
Oggi questo tipo di crimine può reiterarsi per mesi, prima che un bimbo dia segni di disagio e le Forze dell’Ordine intervengano con telecamere nascoste.
L’Autorità garante per l’infanzia e adolescenza Filomena Albano, ascoltata in merito alle proposte di legge in materia di videosorveglianza presso la commissione Affari costituzionali del Senato, ha espresso parere favorevole alle telecamere, sottolineando il valore della scelta con la frase “meglio se obbligatorie”. Le proposte di legge fin qui avanzate prevedono solo la “possibilità” di installare telecamere.
L’obbligo invece, dichiara la Garante, «consentirebbe una maggiore tutela contro violenze e abusi nei confronti di bambini molto piccoli».
Parallelamente Filomena Albano sottolinea l’importanza di prevedere «sistemi di formazione iniziale e permanente del personale e una sistematica raccolta dati di tipo quantitativo e qualitativo che, dando la fotografia del fenomeno, consenta di porre in essere interventi di prevenzione. L’insieme di queste misure consentirebbe così di garantire l’interesse prevalente rispetto a tutti gli altri in gioco: il superiore interesse del minore, previsto dall’articolo 3 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza».
L’obbligatorietà inoltre acquista legittimazione dal fatto che «la tutela dei diritti fondamentali dei soggetti vulnerabili, la prevenzione dei reati e l’agevolazione delle indagini, ha una connotazione di natura pubblica, sganciata da una valutazione delle parti e rimessa alla scelta del legislatore».
L’aspetto della riservatezza (sancito sempre dalla Convenzione Onu) sarebbe tutelato con la scelta di impianti a circuito chiuso, criptati e accessibili soltanto su autorizzazione della magistratura.